Dazi USA e coworking: perché la scelta di Trump colpisce anche gli uffici condivisi
Il metodo “reciproco” dei dazi non danneggia solo l’industria pesante. Anche il mondo del coworking, degli affitti flessibili e degli spazi temporanei rischia di pagare il prezzo di una politica commerciale miope e divisiva.
Guido
4/3/20253 min read


Trump, dazi e scelte discutibili: perché anche il mondo del coworking rischia di pagarne il prezzo
Nel 2025, si torna a parlare (purtroppo) di dazi commerciali USA e di una visione semplificata — per non dire pericolosa — del commercio globale. Il protagonista? Sempre lui: Donald Trump. Con la sua idea di “tariffe reciproche”, rischia di danneggiare non solo industrie pesanti come la siderurgia, ma anche settori più moderni, come quello del coworking, degli spazi condivisi e degli uffici temporanei.
Sì, hai capito bene: anche chi affitta uffici a ore o a mesi, o gestisce spazi flessibili per startup e professionisti, può risentire di queste scelte politiche.
Il metodo Trump: dazi “reciproci” calcolati come a scuola (male)
La logica è questa:
Si guarda il deficit commerciale tra USA e un altro Paese (es. Unione Europea).
Lo si divide per il totale delle importazioni.
Poi, si dimezza il numero e quello diventa il nuovo dazio.
Esempio semplice:
Gli USA importano 100 miliardi dall’UE e ne esportano 60 ⇒ deficit di 40 miliardi.
40 / 100 = 40%
40% diviso 2 = 20% di dazio “reciproco”
Sembra una roba da scuola media, ma è quello che viene presentato come “strategia commerciale”.
Ma cosa c'entra il coworking con tutto questo?
Te lo spiego subito. Il mondo degli uffici condivisi, degli spazi flessibili e del coworking è sempre più globale. Molti spazi nascono in città italiane, ma ospitano startupper americani, freelancer internazionali, aziende tech che aprono sedi temporanee in Europa... e viceversa.
Ora, se l’amministrazione USA alza dazi verso l’Europa, si creano due effetti diretti anche in questo settore:
1. Meno scambi = meno mobilità
Professionisti e startup americane potrebbero evitare di aprire sedi temporanee in Europa, se i rapporti si irrigidiscono. Meno richieste di affitto uffici, meno meeting internazionali, meno collaborazione.
2. Tecnologia e arredi importati = costi più alti
Molti spazi coworking europei acquistano mobili, attrezzature tech, dispositivi smart da fornitori americani. Se entrano in vigore dazi del 20-25%, i costi salgono, e chi gestisce spazi condivisi deve fare i conti con margini più stretti.
L’Europa e la minaccia di una nuova guerra commerciale
L’Unione Europea non resta a guardare. Se gli USA alzano dazi in modo unilaterale, è probabile che l’Europa risponda con contromisure.
Il rischio? Un circolo vizioso che colpisce non solo chi esporta acciaio o automobili, ma anche chi affitta uffici, vende servizi o ospita eventi internazionali.
In un settore come il coworking — fatto di dinamismo, connessioni, collaborazione — alzare barriere è la cosa più stupida che si possa fare.
Anche il coworking è parte del commercio globale
Spesso si pensa ai dazi come a una questione tra acciaierie e governi. Ma non è così. Anche un piccolo spazio di coworking nel centro di Firenze, Torino o Milano fa parte dell’economia globale.
Quando affitti una scrivania a un consulente americano...
Quando ospiti un evento per una startup di New York...
Quando compri una lavagna digitale prodotta in California...
...stai partecipando a uno scambio internazionale. E tutto questo viene messo a rischio da una politica commerciale che sembra uscita da un foglio Excel, ma ignora la realtà concreta delle imprese.
Scelte sbagliate, impatti reali
Le scelte dell’amministrazione Trump possono sembrare lontane, ma hanno effetti immediati per chi lavora nel coworking:
Meno clienti internazionali
Maggiori costi di attrezzature e arredi
Meno attrattività per aziende straniere
Più incertezza per chi investe
E non dimentichiamoci le PMI italiane che fanno rete con spazi condivisi, o i professionisti che usano il coworking come trampolino di lancio. Se l’Europa viene vista come “bersaglio commerciale”, tutta la rete di innovazione e collaborazione rischia di perdere slancio.
Un’alternativa possibile? Dialogo e collaborazione
Se davvero si vogliono risolvere gli squilibri economici, serv
accordi multilaterali equi
investimenti in digitalizzazione e sostenibilità
collaborazioni tra imprese europee e americane, non guerre commerciali.
Il mondo del coworking è un esempio virtuoso di cooperazione tra culture e professionisti. Distruggere questo con i dazi è semplicemente miope.
Conclusione
Il “metodo Trump” sembra semplice, ma ha conseguenze complesse. Colpisce settori industriali, certo, ma anche quelli più agili e moderni come il coworking.
In un momento storico in cui il mondo del lavoro sta cambiando, servono ponti, non muri. E chi lavora con uffici condivisi, postazioni flessibili o affitti temporanei lo sa bene: senza apertura, non si va lontano.
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